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Nairobi River Basin Programme, Problemi e ritardi di un progetto

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Photo: Francesco Fantini

Nairobi genera quotidianamente in media 2,400 tonnellate di rifiuti, di cui soltanto la metà viene trasportata nell'unica discarica municipale, Dandora, alla periferia est della città; mentre l'altra metà viene scaricata in siti illegali sparsi un po' ovunque sul territorio.

Queste discariche “secondarie” non controllate sono una delle maggiori fonti di inquinamento del bacino del Nairobi river, nel momento in cui le piogge arrivano e disperdono quest'amalgama di rifiuti lungo il corso del fiume e delle sue rive.

Alla già grave situazione si aggiungono i liquami industriali che le imprese scaricano illegalmente nel fiume, senza nessun riguardo della legislazione esistente in materia e molto spesso con la connivenza dello stesso City Council, che nulla fa per impedire questa cattiva gestione. Proprio come nelle peggiori storie sull'inquinamento che si leggono sui libri per bambini. La “Green City in the sun” non è affatto “green”, né tantomeno è fiera di mostrare al sole che solo camminando per il centro ci si può illudere che non ci siano problemi di smaltimento grazie alla effimera lucentezza dei suoi palazzi e delle sue aiuole curate dal Beautification Programme del City Council.

Il recupero dei 2.5 km tra la Museum Hill e il Race Course Bridge, due anni di ritardo

Secondo il NRBP (Nairobi River Basin Programme), il primo intervento-pilota è rappresentato dal recupero dei 2.5 km tra la Museum Hill e il Race Course Bridge, la cosiddetta Demo-stretch, che nel progetto si dice cominciata nel settembre 2007.

Siamo andati a vedere a distanza di due anni cosa è accaduto.

“I lavori sono iniziati da due mesi più o meno” ci dice uno degli operatori impegnati nella raccolta dell'immondizia, vestito con il camice del Ministry of Environment, “non siamo volontari, ma lavoratori pagati dal Governo anche se non abbiamo un contratto. Possono mandarci via quando vogliono”.

L'area interessata dalla bonifica in corso parte dal National Museum e arriva al Matatu Terminal; ci sono ad occhio e croce circa cento lavoratori sparsi su tutto il territorio, ma di bonifica effettiva delle acque non ne sanno nulla. Il loro compito è raccogliere l'immondizia, metterla da parte e piantare qualche alberello. Molte delle piante che si intravedono già sulla riva del fiume (per lo più banani) sono nate spontaneamente grazie alle spore e ai semi degli alberi vicini.

Chiediamo a due giovani donne se sanno di altre squadre che lavorano in altre zone, ma loro confermano di essere l'unica squadra attualmente a lavoro. A pochi passi da loro, una giovane lava i suoi panni nell'acqua del fiume tenendo un bambino sulla schiena.

Ancora nessuna traccia del “public toilet service” di cui parla il documento.

“E' un'operazione che mira a far assumere alla popolazione residente nei pressi del fiume un atteggiamento più eco-sostenibile. Si è cercato di utilizzare un approccio partecipativo e HABITAT ha svolto il ruolo di supporto nel mobilitare la comunità. Sono stati implementati questi working group, ma il ritardo nei lavori è stato dovuto a cause differenti, tra cui il turn-over dei funzionari del City Council. Ogni volta che qualcuno va via, il progetto si ferma per ricominciare solo quando il sostituto riesce a gestire e a comprendere gli obiettivi del suo predecessore”ci dice Ms. Ndinda Mwongo coordinatrice per UN-HABITAT del NRBP.

Ancora più problemi per la rilocazione degli insediamenti e della discarica di Dandora

Se la Demo-stretch è appena cominciata, quanto bisognerà aspettare per vedere completate anche le altre aree? Qui non erano presenti attività di tipo informale, se non quella della raccolta dei rifiuti da parte dei “chokora” per la rivendita. Il mercato è sotto il Race Course Bridge ma è un'area non a rischio, dato che si trova al di sopra della riverbank.

Lo studio socio-economico di HABITAT rivela una presenza massiccia di attività informali soprattutto car-washing e chioschi di alimentari che utilizzano l'acqua del fiume per la conduzione dei loro business. Molti altri dispongono del fiume come di una discarica, gettando direttamente i liquidi di scarto senza una previa depurazione.

Un esempio è il macello di Dagoretti: l'ansa del fiume compresa in quella zona è perennemente colorata di rosso e anche le ossa degli animali vengono scaricate direttamente nell'acqua. Ms. Mwongo, afferma che è responsabilità del Nairobi City Council prevedere ad un adeguato sistema di depurazione e che per il momento si è soltanto imposto al macello di Dagoretti di ripulire almeno i rifiuti per evitare la contaminazione delle acque. Un censimento delle attività informali è in corso da parte del Ministry of Land che dovrà trovare una ricollocazione adeguata e non è compito semplice se si pensa che molti di quei business sono presenti da dieci-vent'anni.

Attualmente gli scarti delle attività formali stanziate lungo il fiume sono raccolti e portati alla discarica di Dandora, ma Ms. Mwongo ci spiega che il problema non è solo il fiume o solo la discarica (di cui si è accertata la pericolosità per la salute con lo studio dell'UNEP sul Blood Lead Level), bensì tutto il sistema di raccolta e smistaggio rifiuti della città di Nairobi, completamente insufficiente.

L'idea dello spostamento della discarica di Dandora, benché presente nel progetto, non è ancora stata messa in pratica. L'area alternativa è stata localizzata nel distretto di Ruai, una zona non densamente abitata e abbastanza arida, dove non sarebbe creato un sito di deposito, bensì una “sanitary landfill”. Ma i malumori della gente del luogo sono già iniziati: loro utilizzano quell'area, prossima al fiume, per far crescere la verdura de loro sostentamento settimanale (cosiddetta sukuma wiki ). “Fin dalla sua creazione, la discarica di Dandora è stata pensata come un sito temporaneo”-spiega Ms. Kynianjui di UNEP- “il problema si è ingrandito poiché è l'unico sito legale del NCC. Noi di UNEP abbiamo il compito di far sì che il municipio di Nairobi si attivi per una risoluzione del problema ambientale che ha ripercussioni sugli abitanti delle zone limitrofe (ndr. Dandora e Babadogo). Mettiamo a disposizione i nostri esperti, che hanno la loro base in Giappone e che sono all'avanguardia per quanto concerne le tecnologie di smaltimento e gestione dei rifiuti”. Ovviamente tutto questo ha un costo e trovare dei finanziatori non è compito facile. Nella lista ci sono diverse ambasciate, tra cui quella italiana che si è resa disponibile a finanziare in parte il NRBP, ONG e settore privato e l'Africa Development Bank, la quale ha però vincolato i fondi alla realizzazione di una valutazione dell'impatto sociale del progetto (social impact assessment) che indichi chiaramente l'area di ricollocazione delle attività informali presenti lungo l'area. Ms. Damaris Mungai afferma che lo studio d'impatto non è ancora iniziato, in quanto il governo non ha ancora trovato i fondi per pagare gli esperti, mentre l'enumerazione degli “informal businesses” è stata ormai completata.

Non è chiaro il ruolo dell'Unione Europea in questo progetto, - noi cerchiamo sponsor attraverso un approccio “country by country”- spiega Ms. Mungai - preferiamo contattare i diversi Paesi attraverso le ambasciate e capire quali potrebbero essere interessati come singoli a finanziare il progetto -

La sensazione che si ha raccogliendo tutte queste interviste è che nessuno abbia l'esatta idea di cosa possa significare tutto questo per la popolazione. Non si parla mai di persone che perdono un lavoro o la casa, quanto piuttosto di attività informali o abusive o al limite di persone che sì sono lì da anni, ma senza mai aver avuto il permesso per insediarsi lungo l'area del riverbank. Nessuno dei cosiddetti coordinatori riesce a dare un'idea completa del progetto: la moltiplicazione di aree di lavoro e di competenza nuoce all'unitarietà del progetto e al coordinamento tra i diversi settori; la moltiplicazione delle agenzie impegnate nell'implementazione disperde le competenze e le fraziona a tutto danno della riuscita del progetto, già gravido di difficoltà per le ripercussioni sulla vita e sulla salute degli abitanti di Nairobi.

Nairobi, 31/07/09

Maria Grazia Montella